martedì 15 dicembre 2015

Ma quanta veemenza nel difendere i giornalisti...ma non tutti, solo alcuni


Ma quanto vigore, quanta forza, quanta veemenza! E quanta solidarietà, fratellanza, tutti per uno, uno per tutti, sì, siamo tutti con te, sì, faremo tutti le barricate! Sì. Ma tutti chi?  E per cosa? I fatti: nei giorni scorsi un giornalista scrive un pezzo sulla Regione Abruzzo, per farla breve (perché non è questa la notizia del blog odierno) sosterrebbe che il Masterplan firmato Luciano D’Alfonso sarebbe stato clamorosamente bocciato dal Governo. Vero o non vero, poco m’interessa, anzi non m’interessa, la Regione reagisce, smentisce la notizia e, ritenendola diffamatoria, annuncia che si sarebbe tutelata nelle sedi più opportune e con i mezzi che riteneva più consoni. Bene, fin qui mi verrebbe da chiedere: ‘Qual è la notizia?’. Nessuna. Fatti del genere ne accadono a migliaia ogni giorno, a tutti i giornalisti. Il cronista ha il diritto-dovere di raccontare fatti veri, la persona colpita dalla notizia ha il diritto-dovere di difendere se stesso e la propria immagine. Poi, se la notizia era vera, il soggetto che ha tentato una difesa si ritrova a pagare anche le spese legali; se la notizia era falsa…, bene che la notizia sia stata smentita. Ma in questo caso, a Pescara, no. Apriti cielo: dinanzi alla difesa della Regione Abruzzo, sono scesi in campo i vertici dell’Ordine, pronti a difendere ‘il legittimo esercizio della liberà di stampa’, e qui, da giornalista, avrei una prima osservazione: la libertà di stampa è legittima, purchè racconti fatti veri, non è che il diritto alla libertà di stampa ti dà la patente per sparare qualunque sciocchezza ti capiti per la mente o pettegolezzi. Ma mi fermo qui, perché potrei incorrere nel reato di lesa maestà al principio di solidarietà tra colleghi, quindi anche io devo difendere, sempre e comunque, il diritto alla libertà di stampa, qualunque cosa essa stampi. E vabbè! Ma non è finita qui. Sorte maligna ha voluto che lo stesso giornalista fosse stato querelato, tre anni fa, da un politico per una presunta diffamazione, il giudice oggi avrebbe dato ragione al politico, il quale ha chiesto il risarcimento, 45mila euro, direttamente al giornalista, anziché all’editore. È legittimo? Sì, lo è, è permesso e previsto dalla legge. Perché il politico ha operato questa scelta? Ma, onestamente penso siano fatti suoi. Ma ancora una volta, giù un diluvio d’inchiostro, prima da parte del sindacato, poi di nuovo dall’Ordine, che afferma addirittura che ‘gli attacchi alla libertà di stampa sembrano non avere più limiti’, e parla di ‘intimidazioni nei confronti dei giornalisti…una vendetta politica postuma nei confronti di un collega condannato per diffamazione…’. Ma quale forza, quale veemenza, quale coinvolgimento! Che bello far parte di un Ordine tanto pronto a fare squadra, a mobilitare la categoria, a costruire una barricata per far sì che il giornalista in questione non debba pagare un centesimo di quei 45mila euro richiesti. Già…peccato però…peccato che non sia per tutti così. Era l’agosto 2012, seduta del Consiglio comunale di Pescara, un consigliere del Pd prende la parola in aula e afferma, sventolando un mio comunicato stampa redatto come ufficio stampa del sindaco Albore Mascia, ‘prima o poi questo ufficio stampa qualcuno dovrà fermarlo’, un’affermazione chiara perché non aveva digerito il contenuto del Comunicato ma, nel caso, anziché prendersela con l’interlocutore politico che appariva nel comunicato, se la prendeva con l’estensore materiale del comunicato, cioè con chi lo aveva scritto, ovvero la sottoscritta. Comportamento anomalo, minaccioso, prontamente segnalato ai miei organismi di Categoria e tranquillamente ignorato. Contro quel consigliere ho ovviamente sporto querela penale, è in corso un processo, ma non ho mai ricevuto una sola parola di solidarietà né una nota stampa dal sindacato o dall’Ordine a difesa del mio lavoro, della mia professionalità, del mio diritto a svolgere il mio incarico con serenità, e del mio ‘diritto alla libertà di stampa’. Mai. Era il 2010 quando sempre in Consiglio comunale il consigliere Roberto De Camillis, all’epoca nelle fila dell’opposizione, salvo poi passare in maggioranza per rivestire il ruolo di Presidente del Consiglio, disse al microfono ‘sindaco, lei al suo ufficio stampa deve insegnare a fare la ‘O’ col bicchiere prima di scrivere comunicati’. Affermazione lesiva della mia professionalità, prontamente segnalata agli Organismi di categoria e non ho mai ricevuto, anche in quel caso, neanche mezza nota di solidarietà e di risposta al consigliere comunale con carica politica. Mai. Primavera del 2010: in Consiglio comunale il consigliere Camillo D’Angelo, Pd, interrompe una seduta del Consiglio comunale per rendere pubblico il comunicato di un consigliere di quartiere che si era ritenuto offeso da un mio post su facebook e, rivolgendomi le offese più inenarrabili, chiede al sindaco, urlando in un’aula piena di gente, le mie dimissioni. Episodio riferito agli Organismi di categoria, insieme a quella che era una evidente strategia di attacco da parte del Pd nei confronti della mia persona, e mai ho ricevuto una parola di solidarietà né una nota pubblica a difesa del mio lavoro, della mia professionalità e dei miei diritti. Mai. Erano tutti affari miei, non affari della categoria, evidentemente ne combinavo delle belle per essere attaccata con tale violenza! Ne ho almeno un’altra trentina di episodi simili, ma chiudo con quest’ultimo che mi è stato riferito di recente: un consigliere comunale del Pd va nella stanza del sindaco Albore Mascia e gli dice, ‘o mi sterilizzi la Fogaraccio, o le mando un’ispezione dell’Inps’. L’ho saputo da poco, non l’ho segnalato agli Organismi di categoria, non m’interessa più, non avrebbero detto mezza parola a mio sostegno. Perché la Fogaraccio andava ‘sterilizzata’. E perché in Abruzzo non siamo tutti uguali: ci sono giornalisti e giornalisti. Per alcuni abbiamo il dovere di scendere in piazza; altri, bene che vada, vanno ignorati, male che ti vada si dà una mano per azzerarli. Ovviamente non è accaduto, cinque anni all’inferno, una macchina carbonizzata dentro casa, non hanno scalfito alcunché. Diceva mia nonna, ‘nannò, quello che non ti uccide, ti fortifica’. Aveva inesorabilmente ragione. Ma non posso non rimanere sbigottita da quanta forza, quanta veemenza, quanta partecipazione, riscontro nella mia categoria per quelle afflizioni professionali che colpiscono alcuni. Restano le mie domande: ma quel politico è stato o no diffamato? Il giudice cos’ha detto alla fine del processo? E il politico ha diritto a un risarcimento? E ha il diritto di chiederlo a chi vuole o può essere un Ordine professionale a dirgli a chi chiedere quel risarcimento? E poi: il masterplan della Regione è stato bocciato o no? Il giornalista ha scritto il vero o il falso? E la Regione (che mai mi permetterei di difendere, sia beninteso) ha il diritto o no di tutelare la propria immagine? Forse io ripartirei da queste domande, prima di ogni altro fiume d’inchiostro, utile solo a toglierci credibilità. Buona giornata!

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